Scopri i vini naturali di Elena Pantaleoni de La Stoppa

Elena Pantaleoni produce vini naturali sulle colline di Piacenza: scopri La Stoppa, una cantina dell'Emilia Romagna

Di Francesca Ciancio
Mar 29, 2022
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Elena Pantaleoni: La Stoppa

Quale è il senso di bere vino?

C’è una frase del filosofo tedesco Hans George Gadamer che dice: “La cultura è l'unico bene dell'umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire, diventa più grande”. Le parole del fondatore dell’ermeneutica sembrano un ottimo monito: ripartire dalla cultura come bene comune e come condivisione.

 

Il vino come condivisione

Si può fare anche nel mondo del vino? O meglio, in che modo il mondo del vino può partecipare a questa consapevolezza? Può farlo a patto che si spogli dall’idea di proprietà - non tanto riferita all’azienda in sé, quanto al suo bene primario, la terra - che sia laboratorio di idee e di esperienze da insegnare e da apprendere, che metta in circolo conoscenze, che si apra ad altro e si lasci contaminare.

 

Sono riflessioni al limite del discorso politico - ma cosa non è politico?  - e che rischiano una etichettatura da schieramento ideologico. Eppure tutto questo ha a che fare con l’umanità e con la necessità di un mondo-dopo - dove il Covid ha fatto da spartiacque - di cui sentiamo forte l’esigenza, ma che rimane ancora una meta fumosa perché non sappiamo se siamo in grado di metterci in cammino su questa nuova e sconosciuta strada.

 

Questo paragrafo iniziale serve per dirvi che ho pensato a tutto questo dopo un incontro con una viticoltrice, Elena Pantaleoni, proprietaria dell’azienda piacentina La Stoppa.

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Chi è Elena Pantaleoni?

Bere con lei alcuni dei suoi vini mi ha dato modo di riflettere sul significato di occuparsi di vino oggi, sia da punto di vista di chi lo fa, sia dal punto di vista di chi ne scrive. Ho sempre preferito un approccio al vino come “medium”, come qualcosa che avesse la capacità di portarmi altrove - e non mi riferisco alla componente alcolica! - ovvero in posti quasi sempre bellissimi, seduta a tavolate allegre e ben imbandite, insieme a persone che hanno spesso storie simili a fiabe.

 

Con gli anni però, e dopo molte bottiglie e incontri, la ricerca è andata incontro all’essenziale: storie concrete, non prive di fallimenti, che si aprono al mondo che circonda la tenuta e che sono renitenti all’affrancatura di qualche etichetta (cosa che serve di solito per normalizzare e banalizzare la comprensione di qualcosa).

 

Scopri La Stoppa: l'azienda

Elena Pantaleoni è un ottimo esempio di questa ricerca dell’essenziale nel mondo del vino. La Stoppa, negli anni, è diventata un’azienda agricola/culturale, dove a crescere non sono solo le viti, l’orto e gli alberi, ma anche le idee e la comunità che si è raccolta intorno a essa.

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Dove si trova La Stoppa?

Siamo a Rivergaro, un piccolo comune del Piacentino, in quella terra di mezzo che è l’Emilia che da un lato vede ancora il profilo basso della Pianura Padana, dall’altro lo spuntare degli Appennini. C’è molto di Lombardia, di Piemonte e di Liguria in questo tratto d’Italia che è diventato uno dei centri intermodali più importanti d’Europa per il commercio. Eppure resiste un’agricoltura poco spettacolarizzata e genuina che ha le sembianze del Davide dinanzi al Golia dei 40 mila ettari di pomodoro sparsi in tutta la provincia.

 

La Stoppa: la sua storia

A 250 metri di altezza, La Stoppa può dirsi un’oasi a sé stante con 25 ettari di vigneto e altrettanti di bosco, soprattutto querce e castagni. C’è un agriturismo, un’osteria aperta a pranzo, un orto semi-professionale, si fa il miele, ci sono le galline, chissà che un giorno non torni il bestiame, come ai tempi del padre di Elena.

 

Questa azienda infatti ha più di un secolo, comprata dall’avvocato Giancarlo Ageno nella metà del XIX secolo e che, appassionato di vini francesi, piantò vitigni d’Oltralpe. La famiglia Pantaleoni arriva nella metà degli anni ’70 del secolo scorso ed Elena subentra nei primi anni ’90 con affianco il fidato enologo Giulio Armani, in azienda già da un po’.

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La Stoppa e vini naturali

Con lei inizia la “terza fase” de La Stoppa perché sono sue una serie di decisioni che faranno di questa realtà un punto di riferimento per il mondo vitivinicolo “naturale”. Privilegiare i vitigni autoctoni - Bonarda, Barbera, Ortrugo, Malvasia di Candia, Trebbiano, a scapito di vitigni internazionali che nei filari di Rivergaro avevano anche 70 anni e più; non ingigantire l’azienda, anche se i terreni all’epoca costavano poco; non cambiare lo stile dei vini - per rincorrere la moda dei vini muscolosi - ma cercare altri mercati; avere rispetto, per sé stessi non facendosi triturare dal lavoro, per la terra e per i collaboratori; venderei vini a un prezzo equo ( da molti giudicato basso)

 

Quale futuro per La Stoppa?

Nella storia di Elena non ci sono picchi di autocelebrazione, anzi, la trama scorre in modo pacato attraversando 30 anni di vino italiano che molto lo hanno cambiato. Ora alla soglia dei 60 anni la viticoltrice dice di non aver più paura di rischiare e che sente profondamente la voglia e il dovere di insegnare ciò che appreso, di occuparsi dei più giovani, in particolare di chi ha “il sacro fuoco”, di fare comunità, ovunque lei vada.

 

Nel Piacentino c’è riuscita, non solo perché a La Stoppa lavorano una ventina di persone, ma perché la rete di piccoli produttori in zona è sempre più coesa - Croci, Dinavolo, Casè, il Poggio, Shun, Distina, Montesissa, La Poiesa - e si arricchisce di ristoratori e di artigiani di altri settori.

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La Stoppa e i progetti internazionali

Stessa dinamica sta provando a replicarla in Cile, nella Valle del Maule, la zona vitivinicola più vocata nel paese sudamericano scelto dalla Pantaleoni. Una passione tramandatale dalla madre e che l’ha portata a fare vino - insieme al socio Nicola Massa - anche a quelle latitudini.

 

Un vino rosso per il momento, il Pisador, fatto con uva Pais e da vigneti che potrebbero avere anche 200 anni - lì non è inusuale imbattersi in piante pluricentenarie perché la fillossera non ha fatto disastri - e per la prossima primavera un moscatel. Forse è stata anche la ricerca di qualcosa di “vergine”, un posto dove fare vino cominciando da zero, portando competenze e raccogliendo entusiasmi a spingere Elena a passare parte del suo tempo dall’altra parte del pianeta.

 

Ha chiamato l’azienda La Mision. Una terra rossa che in questo assomiglia a quella delle colline di Rivergaro, dove è stato scelto il biologico nel 2008, ma non si parla di altro: Vino naturale? Conduzione in biodinamica? No, risponde Elena: Solo un buon senso agricolo”.

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I vini de La Stoppa

Ageno Emilia bianco Igt 2018

Unico bianco secco dell’azienda nato nel 2002. Il taglio è quello tradizionale della zona con Malvasia di Candia (che va sempre più aumentando) Ortrugo e che si rifà alle abitudini del Piacentino di vinificare uve rosse e bianche insieme, secondo la regola non scritta del vino considerato come un alimento e quindi una bevanda-cibo che desse sostanza. L’Ageno nasce un po’ da questo spirito, dal voler rimettere al centro della tavola un vino da accompagnare a qualunque piatto. Di certo un vino epigone, questo bianco dal colore carico è tra i primi macerati italiani e oggi festeggia i primi 20 anni. Solare, caldo, anche tannico, sa essere avvolgente e al contempo sferzante. È di un giallo invitante che ricorda la luce che ha il miele o l’ambra.

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Macchiona Emilia Rossa Igt 2006

Bonarda e Barbera in egual parte, anche qui macerazione, legno e poi tanta bottiglia. Regge benissimo il passare del tempo pur rimanendo fresco e potente. Ha l’eleganza delle cose schiette, con un animo che rimane fedele all’essenza delle uve di cui è fatto, puntando su bevibilità, piacevolezza, frutto. Sul finale del sorso poi vengon fuori le note della maturità: pellame, terra e ferro.

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Camporomano Emilia Barbera Igt 2011

Un vino saporito e croccante nonostante i dieci anni e più. Una trama di frutto e di acidità fittissima che spinge da sorso in sorso. Scuro e denso nel colore, nero e pungente come bacche nere al naso, bocca davvero ampia e concentrata.

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Perchè bere i vini de La Stoppa?

Le chiamano economie circolari e sono quelle portate avanti da aziende che cercano di produrre più beni al loro interno, in modo da rendersi autonome e rispettare l’ambiente attraverso diverse colture e produzioni.

 

A Elena Pantaleoni è una definizione che non piace, perché ha il suono di un’altra etichetta da applicare a qualcosa che in realtà ha un passato. Sono le aziende agricole prima dell’agroindustria, quelle che portavano avanti la policoltura e le pratiche poco invasive. L’idea agricola di La Stoppa si rifà a quei modelli con in più l'aggiunta della cultura, degli studi, degli scambi e della curiosità, tutte ricchezze di una e più generazioni, di certo più fortunate dei tanti contadini di queste terre che spesso non andavano aldilà della sussistenza.

 

L’esempio de La Stoppa sembra suggerire che un’altra agricoltura è possibile, a patto che sia disposta a non essere intensiva e a non essere egoista. Al contrario, può diventare uno spazio di scambio e di incontro, dove tutti coloro che contribuiscono a migliorarlo sanno che c’è sempre un passaggio di mano e che non ha molto senso possedere qualcosa che non ci appartiene veramente.

 

 

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Stefano Thursday 31st of March 2022

Super complimenti

Davvero un bell' articolo, da fiducia per il futuro sapere che esistono realtà come la Stoppa.

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