Restando a galla con la pesca sostenibile di oggi

Come visto nel documentario Netflix, Seaspiracy, analizziamo il fenomeno della pesca sostenibile. Cosa facciamo per proteggere gli ambienti marini dalla pesca eccessiva e dall'esaurimento degli stock.

Di Sara Porro
Mar 09, 2021
tagAlt.Sustainable Fishing Cover 20210308

La frase “Il mare è pieno di pesci” - quella consolatoria banalità che si dice a chi è stato lasciato di recente - di questi tempi è più vera per i single che in senso proprio. Ormai da cinquant’anni stiamo pescando troppo pesce, e la popolazione di mari e oceani è crollata a livelli allarmanti, mettendo molte specie a rischio di estinzione: il 29% degli stock ittici mondiali è già sfruttato all’eccesso, mentre il 61% è sfruttato al massimo.

Il tema è tornato alla ribalta nelle ultime settimane grazie a Seaspiracy, un documentario di Netflix che porta gli spettatori in un viaggio intorno al mondo per indagare le molte minacce alla vita negli oceani: anche se l’intento di aumentare l’attenzione pubblica ai problemi legati all’overfishing è lodevole, il documentario calca la mano includendo anche affermazioni fuorvianti, per la volontà di mettere in discussione la possibilità stessa del concetto di “pesca sostenibile”: ad esempio, una delle statistiche più scioccanti citate nel film è sbagliata: la previsione di uno studio del 2006, che "l'oceano sarà vuoto entro il 2048" è stata contraddetta dall'autore stesso dello studio. 

Senza dubbio, però, compiere scelte rispettose dell'ambiente quando si fanno acquisti non è semplice:  orientarsi tra la numerazione delle zone FAO (che indica i luoghi di pesca) è tutt'altro che intuitivo, così come padroneggiare le taglie minime corrette per ciascun pesce. Per non parlare della pratica, tristemente diffusa, della pesca illegale.

Da dove cominciare? Ad esempio consultando la “lista nera” dell’organizzazione ambientalista Greenpeace, in cui indica le specie maggiormente a rischio, che sarebbe opportuno evitare. Un’altra possibilità è farsi guidare negli acquisti dal bollino blu di MSC (Marine Stewardship Council), un’organizzazione internazionale non-profit che etichetta e certifica le pratiche di pesca sostenibili: il marchio indica che i prodotti derivano da un’azienda di pesca certificata indipendentemente, e che sono tracciabili e riconducibili a un approvvigionamento corretto.

 

TRASPARENTE COME UNA SCATOLETTA DI TONNO

Qualche esempio? Negli ultimi anni si sono fatti passi avanti sulla sostenibilità delle conserve di tonno, tra i pesci più bistrattati per un alimento che si è trasformato in commodity.

Mare Aperto Foods - nata nel 2015 come spin-off della casa madre spagnola Jealsa per commercializzare conserve di tonno in Italia - si impegna a utilizzare il 100% della materia prima, indirizzando quel che non serve per le conserve ittiche su altri mercati: per esempio dalle lische si trae il collagene per la cosmetica. Si arriva così a “Zero Waste” per il tonno, e l’ambizione è di replicare anche con le altre specie.

Un grande nome del tonno in scatola, Rio Mare, lavora in partnership con il WWF per aumentare la percentuale di prodotti ittici pescati in modo sostenibile e promuovere una migliore gestione delle attività di pesca. Se troppo spesso si parla di sostenibilità come una tematica ambientale, dimenticando le persone, in questo caso l’accordo con il WWF prevede anche una collaborazione per tutelare i diritti umani di chi fa parte della filiera  - e sensibilizzare i consumatori sull’importanza della pesca sostenibili.
 

 

OLTRE AL FILETTO C’E’ DI PIU’

Una volta comprato il pesce giusto, però, è importante avere anche in casa un approccio orientato a limitare lo spreco. Negli ultimi anni i grandi chef si sono molto concentrati sul quinto quarto e sui tagli meno nobili della carne, sottolineando come il filetto corrisponda a pochi chili di una bestia che pesa quintali; ma per ora in pochi hanno puntato l’attenzione sul pesce, di cui in genere mangiamo solo - appunto - i filetti.

Alcuni pionieri, però, cominciano a mostrare la via per un percorso alternativo: in Italia è stato di recente pubblicato per Giunti “Il Grande Libro del Pesce” dello chef australiano Josh Niland, il cui approccio rivoluzionario si comprende meglio con il nome originale del libro: “The Whole Fish Cookbook”, cioè il ricettario del “pesce intero”.

Partendo da quanto, di ogni esemplare, venisse scartato dai ristoranti, per mettere nel piatto quasi sempre e solo i filetti, Niland valorizza il pesce nella sua interezza, dalle interiora alla scaglie, dalle lische fino agli occhi, mostrando il grande potenziale di questa materia prima. Non tutto quel che luccica è oro: a volte sono squame di pesce.


Ti è piaciuto leggere e imparare come creare pratiche alimentari più sostenibili?  Migliora le tue attività in cucina mentre esplori ulteriormente il concetto con Mamablip, applicandolo nel mondo dei dolci italiano. Francesca Ciancio di Mamablip esplora una pasticceria che si concentra sui Panettoni sostenibili - non è mai troppo presto per pensare ai dolci delle vacanze!  Dai un'occhiata alle ricette di Mamablip per un sacco di ispirazione culinaria e idee su dove puoi incorporare anche tu ingredienti sostenibili.
 

Non dimenticate di registrarvi alla newsletter settimanale di Mamablip per ricevere aggiornamenti su tutti i nuovi articoli del blog di Mamablip, ricette e altre notizie sul vino dall'Italia.

tagAlt.Red Italian fishing nets Sicily 5 tagAlt.Cooked fish al sale Italian cooking 7 tagAlt.Fishing team on boat catch 8

all.sign in to leave a review