ABRUZZO, DOVE L’AMBIENTE NATURALE E' DI CASA
Un territorio a dir poco fiabesco, percorso da vigneti che dal litorale, ricco di promontori, dune selvagge e fresche pinete, si susseguono fino ad addentrarsi verso impervie montagne e riserve naturali. Già, una sontuosa conformazione racchiusa tra l’Adriatico e i massicci del Gran Sasso, della Majella e dei Monti della Laga, che la rende spontaneamente predisposta alla coltivazione della vite. Dolcezza ed omogeneità dei versanti marini versus asprezza e tormento delle zone interne e pedemontane: ovvero il connubio perfetto che vuole ergersi a motivo di ammirazione e talvolta di imitazione in termini di vocazionalità. Ecco allora dove risiede l’autentica virtù, un’areale che si sviluppa soltanto lungo rilievi collinari e montuosi, senza la minima presenza della pianura.
LA SUA VITICOLTURA IN SINTESI
Due vitigni, il Montepulciano e il Trebbiano identificano quasi integralmente la base ampelografica della viticoltura abruzzese: il 90% dei vini prodotti, infatti, deriva da queste due varietà. In passato tale patrimonio era molto complesso e variegato, in quanto alla fine del Settecento, l’Abruzzo risultava terra di Lacrima, Zibibbo, Moscatello e solo dopo il flagello della fillossera, che qui colpì duramente la viticoltura, il numero di vitigni utilizzati si limitò alle due odierne varietà egemoni.
Chieti e la sua provincia rappresentano il bacino principale dal punto di vista quantitativo, dove comunque, tra languide colline, lo slancio vigoroso di giovani realtà vitivinicole (associato all’esperienza delle generazioni precedenti), non manca, trasformandosi, talvolta, in belle avventure familiari dalle floride prospettive.
I QUATTRO “PUNTI CARDINALI” ABRUZZESI
Il Montepulciano storicamente proviene dalla Valle Peligna, situata in provincia dell’Aquila, ma non ha alcuna parentela con il vino prodotto a Montepulciano in Toscana con il Sangiovese. Oggi si pone oggi come uno dei grandi vini italiani, conosciuto e apprezzato soprattutto negli Usa, in Canada e in Germania. Un nettare complesso, dalle tante anime, dagli altrettanti profili stilistici e interpretativi, data la potenza, la struttura, l’eleganza e l’ampiezza delle sfumature olfattive, talvolta terrose, superbe soprattutto con l’invecchiamento.
E poi ancora i nitidi rimandi alla ciliegia e alla marasca, la tannicità fitta e morbida, non troppo aggressiva e la chiusura sostenuta da una notevole forza estrattiva e alcolica. Essendo figlio di situazioni climatiche, pedologiche, di altitudini e di sistemi di allevamento diversificati al massimo, rivendica, forse con maggior energia antecedentemente, una certa inclinazione da rosso d’autore che, con puro orgoglio, cerca di raggiungere al più presto la sua consacrazione tra le eccellenze mondiali.
Il Trebbiano è un vitigno in grado di generare vini di facile beva non particolarmente entusiasmanti, in particolare se ottenuti da rese molto elevate, così come di generare, proprio in questa regione e per merito della mano di “pochi” imprescindibili produttori, tra i bianchi più ricchi di sfumature ed emozionanti dell’intero panorama vinicolo italiano.
Non sfugge poi la riscoperta di vitigni autoctoni un tempo abbandonati come in particolare il Pecorino, il quale sta conquistando un significativo interesse di ampie fasce di consumatori. Profumi fruttati intensi, talora con note di anice ed erbe di campo; un vino dalla struttura piena e sorretta da buona acidità, sapido, di buona alcolicità e di lunga persistenza gustativa.
Infine troviamo il Cerasuolo, che convince sempre di più e stupisce per freschezza, struttura e complessità. Ottenuto sempre dal vitigno Montepulciano, tale versione “rosa” regala esiti davvero brillanti, forse anche per la consapevole, realistica e saggia riduzione nell’inseguimento al super-rosso concentrato.
LE SCOMMESSE FUTURE SUL TERRITORIO VITIVINICOLO
Per ora i mercati stanno dando ragione al quadro enologico abruzzese, dove il potenziale evolutivo e la capacità di tradurre una considerevole versatilità di suoli e superfici, colloca il valore dei suoi vini in una maniera nuova e convincente, di certo cresciuta nel tempo, grazie anche al lavoro appassionato ed efficace (soprattutto in questi ultimi anni) del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo.
Gestione dell’ampliamento del vigneto di montagna per dimostrare di essere in grado di evidenziare i pregi ma anche di governare i limiti ambientali e territoriali; accurata analisi delle microzone più adatte dove investire con nuove viti e potenziamento per la ricerca sulle forme di allevamento dei vitigni, rappresentano dunque delle sfide piuttosto impegnative per i “magnifici quattro” nel proseguimento della loro avvincente evoluzione.
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