Lugana: un grande vino bianco italiano
- Ettari vinificati :1.948
- Aziende: 120
- Comuni. 5
- Regioni:2
- Fatturato +49 rispetto all’anno precedente (fonte Coldiretti)
- Imbottigliamento: 26 milioni di bottiglie +12 % rispetto al 2020 - (fonte Coldiretti)
Lugana: due anime e un vino
Terre che si sono rivelate molto adatte alla coltivazione di uve a bacca bianca. Nonostante la latitudine, il clima è tipicamente mediterraneo, mitigato tutto l’anno dalla presenza dell’ampio bacino del lago di Garda. Il Lugana DOC rappresenta uno dei bianchi di maggior personalità e successo del nord Italia, oggi molto apprezzato anche all’estero, soprattutto sul mercato Europeo.
Siamo sulla propaggine meridionale del lago di Garda, in una delle zone più amene dell'Italia settentrionale. Qui il Lago propizia un clima mite, di tipo Mediterraneo: una culla perfetta per valorizzare le peculiarità di un’uva come la Turbiana, parente stretta del Trebbiano di Soave, che la natura argillosa dei suoli trasforma in un vino bianco strutturato, sapido e longevo.
Lugana: Un po' di storia
A vederla, oggi, la quiete estatica del lago di Garda coi suoi pittoreschi centri abitati e le colline tutt'intorno punteggiate di ulivi e zigrinate dalle viti, sembra molto lontana dalla “Selva Lucana” così ribattezzata in tempi antichi per indicare il bosco acquitrinoso che era e che solo la Serenissima Repubblica di Venezia, a partire dal XV secolo, sarà in grado di bonificare.
Ciò non toglie però che, proprio in questa zona, numerosi vinaccioli, vessillo della domesticazione della vite, saranno rinvenuti nelle palafitte dell'Età del Bronzo di Peschiera del Garda.
Suddetta selva, pertanto, era anche prolifica, elemento di cui si accorse ben presto anche il poeta latino Catullo che, acutamente, aveva ubicato il suo buen retiro proprio nella parte più amena del Lago, poco distante da Sirmione.
E se ne accorse anche Isabella d’Este Gonzaga che disse che, proprio presso la villa del Poeta, crescevano "bellissime uve" così come poi fece, nel 1595, Andrea Bacci che, nel “De naturali vinorum historia”, parla del vino locale come «gagliardo e soave» mentre Ottavio Rossi nelle sue Memorie bresciane (1693) accenna per primo alla «fangosa Lugana», questione, questa, che affronteremo tra poco.
Così la "selva Lucana" diventa "selva Lugana" «attualmente […] una fertile pianura coltivata quasi tutta a viti e che produce un vino bianco di ottima qualità e di gran pregio […]» come pure sottolinea, nei primi del Novecento, don Giuseppe Lenotti nel suo “Cenni storici e statistici di Pozzolengo”.
La vitalità di una zona bifronte: Lombardia e Veneto
E proprio il comune di Pozzolengo, va detto, campeggia in una vicenda molto peculiare quando si parla di Lugana. Come scrisse, infatti, il giornalista Zeffiro Bocci, questa è una zona bifronte: una DOC bipartita non solo da un punto di vista regionale - da una parte è lombarda dall’altra veneta - ma identitario se è vero, com'è vero, che la parte lombarda è più produttiva - ci sono più comuni coinvolti (Desenzano, Sirmione, Pozzolengo e Lonato) e più ettari vitati - mentre quella veneta, che annovera solo il comune di Peschiera del Garda, detiene della Denominazione il primato del volume commerciale.
Inoltre, è d'uopo sottolineare come tutti i comuni coinvolti nella produzione di Lugana DOC ricadano sotto la diocesi di Verona: il vescovo della città scaligera, infatti, detiene la giurisdizione anche sulle parrocchie lombarde di Desenzano, Sirmione, Pozzolengo e Lonato, e questo sebbene il territorio, ovvero il suolo, appaia diviso in due parti anche da un punto di vista geomorfologico e, di conseguenza, squisitamente vitivinicolo.
Due suoli e due vini: un unicum
La prima e più ampia parte è pianeggiante e impastata di una terra molto compatta e coriacea costituita dalle argille dell’entroterra tra Desenzano, Sirmione, una parte del comune di Pozzolengo e Peschiera. Da qui arrivano gli esemplari più lacustri, ovvero più minerali, di Lugana. La parte veneta, invece, è quella più orientale e collinare. Siamo nel comune di Peschiera del Garda che, dalla sua, vanta la zona di San Benedetto di Lugana, considerata la punta di diamante della denominazione.
Qui le argille si fanno più sabbiose, con presenza di elementi ghiaiosi che determinano vini più acidi e più voluminosi. In entrambi i casi la terra è, comunque, assai difficile da disciplinare: tanto compatta e dura in siccità quanto fangosa - presto spiegata l'esternazione di Ottavio Rossi - dopo la pioggia, essa diventa una riserva organolettica essenziale per la vite che, sublimata in vino, si fa foriera e prodiga di profumi energici e vitali, di acidità e struttura, tanto da esprimersi con efficacia ed eloquenza sia nelle versioni classiche, in bianco, che in quelle spumantizzate.