L’origine della pasta è tutta siciliana
Se dici pasta dici Italia. Una frase difficilmente incontrovertibile. Ma se lo spaghetto ha la meglio sul maccherone nella simbologia del Belpaese, nella realtà dei fatti la questione è ben più complessa, perché le paste sono decine e decine, tantissime per regione che a loro volta hanno centinaia di ricette per tipologia di prodotto. Insomma, non basterebbe una enciclopedia dedicata all’argomento per sviscerarlo totalmente.
Scegliamo quindi un posto da cui partire e andiamo in Sicilia, una terra votata al grano, senza il quale nessuna pasta sarebbe ma esistita.
L’invenzione della pasta secca? A Trabia, in Sicilia
La pasta è un’invenzione della stanzialità, perché l’uomo, da nomade, deve fermarsi e imparare a seminare e raccogliere. Ecco qui il passaggio al grano con il cacciatore che diventa agricoltore, ma per trovare la pasta come la intendiamo noi, dobbiamo attendere l’XI secolo quando la dominazione araba, tra i tanti lasciti importanti che fa, porta in Sicilia la pasta secca. In particolare succede a Trabia, all’epoca un casale arabo poco distante dalla città di Termini Imerese, dove viene ritrovata la prima testimonianza sull’argomento: il geografo arabo Idrisi parla di “un importante polo produttivo di pasta in forma di fili”, mettendolo in relazione con l’attività molitoria già preesistente.
È da qui che la pasta secca di semola di grano duro ha conquistato lo Stivale, passando per Napoli e arrivando a Genova, fino a coprire tutto il bacino del Mediterraneo. Un rapporto tra pasta e mare in effetti molto solido se si pensa che anche Sardegna e Puglia fanno scuola a partire dal XIV e XV secolo. In particolare dall’isola sarda la pasta partiva per raggiungere Barcellona, Maiorca e Valencia, ma anche Genova, Napoli e Pisa. E su questa connessione esiste anche una curiosità: i comandanti di vascello siciliani avevano l’autorizzazione a prelevare durante i viaggi tra i 10 e i 30 rotoli di maccaroni e vermicelli “per uso personale”.
La stessa consuetudine era in uso anche al porto di Genova. Fu nel Seicento che la pasta ebbe la sua consacrazione. Risalendo la penisola, divenne il cibo principale del Regno di Napoli dove la carestia (carne e pane scarseggiavano) contribuì definitivamente a farne il piatto principale del popolo. A Napoli si cominciò a produrre quella essiccata, nel nord Italia (tranne la Liguria) si mantenne la tradizione della pasta fresca all'uovo anche per questioni climatiche (solo il clima secco e ventilato favoriva l’essiccazione).
I tanti tipi di pasta secca e le ricette che troviamo in Sicilia
La pasta secca in Sicilia era un lusso riservato alle grandi occasioni, per esempio fidanzamenti o matrimoni, per i quali erano “obbligatori” i maccaruna ’i zito (maccheroni del fidanzato), o semplicemente ziti. Anche i condimenti attingevano - e attingono - dai prodotti locali e della terra: ricotta, zucchini, melanzane, fave e piselli, ma anche di fiori di zucca o di tenerumi, cioè le foglie della zucchina lunga.
A Sambuca, se nella dispensa non c'era nulla che potesse servire da condimento si preparava la pasta come l'amore di Dio, cioè una minestra di cappellini o spaghetti tagliati con pomodoro pelato e cipolla. La Sicilia è posto di mare anche, ma se questo era troppo agitato per pescare, a Siracusa si usava preparare la pasta ‘ro malutempu' (“del cattivo tempo”), e a Marettimo la pasta cu’ pisci fuiùtu (“con il pesce scappato via”): preparazioni che non prevedono il pesce fresco.
A Trapani i pescatori usavano anche le pietre come condimento delle minestre, cioè cotte con pezzetti di rocce sottratte alle coste marine: i sassi avvolti dal muschio aggiungevano sapore al piatto. Ecco l’origine di un piatto famosissimo, gli spaghetti allo scoglio, dove “scoglio” sta ormai per “pesci di scoglio”, perdendo il suo significato letterale.
I formati di pasta più famosi dell’isola
Aneletti
Avete presente gli anelletti? Quei piccoli anelli di pasta che somigliano a piccole ciambelline con il buco? In Sicilia sono da sempre uno dei formati più usati, soprattutto per timballi, pasticci con carne di maiale, piselli e formaggi locali, consumati soprattutto durante il periodo estivo.
Si mangiano quindi anche tiepidi e non è strano vedere teglie di anelletti in spiaggia, consumati durante le lunghe giornate estive sotto l’ombrellone. Un piatto che è sinonimo di domeniche, pranzi in famiglia, scampagnate e feste. Di questa portata esistono numerosissime versioni. In pratica ogni famiglia ha la propria che custodisce gelosamente come un lascito da tramandare agli eredi.
Busiata
Altro formato sempre in voga è la busìata, bastoncini fatti con acqua e semola che prendono questa forma perché arrotolati su un ferretto, ottenendo così uno spaghetto forato. Ha origini antichissime, si parla dell’anno Mille e il termine deriva dall’arabo bus, che indica il giunco sottile che cresce selvatico sui prati. Viene servita con diversi sughi a seconda delle tradizioni locali e per la loro superficie porosa e ruvida si sposano bene con i pesti, sia bianchi che al pomodoro.
Cous Cous
Siciliano, dalle chiare influenze arabe, è il cous cous, semola a grana grossa che viene “incocciata”, cioè sgranata con mani o forchetta, aggiungendo poco liquido. Viene poi cotto al vapore nella cosiddetta pignata. Un rituale lungo e antichissimo che ritroviamo eseguito ancora secondo tradizione nella Sicilia sud-occidentale dove la presenza di comunità nordafricane è molto importante. Esiste anche la variante dolce, preparata dalle monache benedettine del Monastero di Santo Spirito di Agrigento.
Taccuna
Dalla forma imprecisa e irregolare sono i taccuna de muline, i tacconi, preparati con farina di mais, di grano e acqua. La taccuna in dialetto siciliano è la toppa e vengono conditi anche solo con aglio olio e peperoncino o con l’immancabile ricotta.
Zito
Zito, lo abbiamo già detto, sta per fidanzato, ma è anche un formato di pasta che si prepara soprattutto in occasione dell’Epifania. Sono dei bastoncini forati lisci conosciuti anche come “ i maccheroni della sposa”, perché un tempo vi era l’usanza di portarli in dono ai vicini di casa della promessa in segno di buon auspicio. Di tutte le paste i suddhi sono di certo le meno note. Sono tipiche della provincia di Siracusa e vengono fatte con farina di orzo, sale e acqua e hanno la forma delle tagliatelle. Il loro condimento prediletto è il sugo di maiale.
Infine i maccaruni, anche questi conosciuti nei sontuosi timballi siculi - uno su tutti quelli de Il Gattopardo - che si consumano a Natale, oltre che per la festa di San Giuseppe a Palermo. Cambiano forma e dimensione a seconda delle ricetta, ma è fondamentale che abbiano il foro.
Che vino abbinare con le paste secche siciliane?
Rimaniamo sull’isola, visto che la scelta vitivinicola è vastissima e cambia a seconda della latitudine e della longitudine. Numerosissimi anche i vitigni indigeni purezza o in blend con varietà internazionali.
- Uno spumante siciliano fa il suo dovere, ovvero sgrassare un po’ la parte untuosa e grassa di timballi e pasticci. Un Murgo Brut di Neretto Mascalese è adatto grazie alla bella acidità.
- Per cous cous di pesce o di carne e anche leggermente speziati perché non andare su un rosato? Eccolo, il Terre Siciliane Igt “Rosammare” di Nino Barraco
- Lunghe, corte o irregolari, le paste secche siciliane hanno sempre condimenti importanti e vale la pena pensare a un pairing di sostanza come con il Nero d'Avola 'Vrucara' di Feudo Montoni
3 Aziende di Pasta Siciliana
3 Ricette siciliane primi piatti Siciliana
- Pasta alla norma
- Anelletti al forno alla palermitana
- Pasta ‘ncasciata alla messinese
Qui troverai tantissime ricette di primi piatti tipici siciliani, dalle più semplici come la pasta alla norma o a quelle più elaborate come gli anelletti al forno alla palermitana o la pasta ‘ncasciata alla messinese.