Castello di Monsanto: il bello del Chianti Classico in Toscana

Castello di Monsanto è una delle cantine più prestigiose in Toscana all'interno della Denominazione Chianti Classico.

Di Lele Gobbi
Oct 06, 2022
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Castello di Monsanto: il bello del Chianti Classico in Toscana

 

Dove si trova Monsanto?

Monsanto, una piacevole zona del comune di Barberino Tavarnelle, è l'emblema del Chianti, poiché il vino del territorio è sempre stato prodotto nell'omonima tenuta.

 

L’azienda appartiene alla famiglia Bianchi che nella veste di Laura viene gestita in maniera impeccabile, con energia e serenità, ma soprattutto con un’idea precisa di viticoltura sostenibile. Passato di grande valore e coerenza stilistica estremamente apprezzabile in tutta la produzione rappresentano, in estrema ratio, il loro biglietto da visita. 

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Perché è famoso il Castello di Monsanto?

Monsanto si pone oggi come una delle più ammirevoli tenute del Chianti Classico, conosciuta soprattutto per la Riserva Il Poggio (ora diventata Gran Selezione), ma altamente rispettata per una serie di vini alternativi che rivelano le capacità creative della famiglia Bianchi.

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Qual è la storia del Castello di Monsanto?

Fabrizio Bianchi, industriale tessile in Lombardia, sceglie nel 1961 di comprare la tenuta di Monsanto con il suo castello medievale con delle idee enologiche molto chiare lontane dalla situazione del Chianti, che allora divertiva il mondo con i suoi fiaschi impagliati.


Ambizioni che si rivelano vincenti sin dalla prima annata (1962), quando decide di imbottigliare un Chianti Classico riserva, il Poggio, esempio pionieristico di un cru toscano, vinificando le uve separatamente. Nel 1968 esclude poi le uve bianche, che erano richieste nell’uvaggio, sfidando le regole della DOC, per fare un “Chianti Classico che rivaleggiasse con i rossi più importanti del mondo”. 

 

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Chi è l'enologo del Castello di Monsanto?

Il responsabile agronomico ed enologico è Andrea Giovannini, coadiuvato da Edoardo Pastorelli. 

 

Come sono le vigne del Castello di Monsanto?

Dal balcone di rocce calcaree che affaccia su Il Poggio, il vigneto più alto e prestigioso della tenuta, si scorge una straordinaria veduta della quasi totalità delle vigne e un pezzo importante del Chianti Classico.


I suoli sono ricchi di pietre di galestro (composizione geologica fondamentale per ottenere i grandi vini chiantigiani) e il sovescio è praticato con convinzione per dare equilibrio vegetativo alle viti. Oltre a Il Poggio, altri 3 vigneti: Scanni, il Mulino, il Salcio.

 

72 in totale gli ettari dislocati su altitudini che variano tra i 280 e 320 metri s.l.m. caratterizzati da un’invidiabile vegetazione tipicamente mediterranea: Cipresso selvatico, Ginepro, Ginestra, Querce, Lauro, Erica e Corbezzolo. 56 ettari sono impiantati a Sangiovese, il suo punto di forza.


Ad esso, di cui il Poggio è la vera vigna madre, si accostano piccole percentuali di altri vitigni classici a bacca rossa, il Canaiolo e il Colorino. Dal 1974 trovano spazio anche due vitigni non autoctoni: vengono piantate le vigne Valdigallo (oggi il Salcio) e il Mulino dove si producono rispettivamente il Fabrizio Bianchi Chardonnay e Nemo, un Cabernet Sauvignon in purezza. Infine, come sistemi di allevamento vengono utilizzati il guyot in alcune vigne e il cordone speronato in altre.

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Quale è lo stile del vino del Castello di Monsanto?

Interprete rigoroso e autorevole della più nobile tradizione chiantigiana, nello scorso secolo una serie di rivoluzioni in cantina l’ha proiettata meritatamente nel ristretto club delle migliori cantine d’Italia. Curiosamente, il riconoscimento alla lungimiranza e al coraggio di Fabrizio Bianchi (in termini vitivinicoli) è stato lento in Italia, proprio perché egli stesso ha ricoperto un ruolo chiave nell’innalzare l’immagine del Chianti.


Vini dai tratti elegantemente fruttati, un deciso timbro sapido e una fine trama tannica: nettari che maturano e riposano in una stupefacente galleria ad arco etrusco lunga circa 300 metri, scavata oltre 30 anni fa come nel Medioevo, a mano nel galestro, la quale ospita i fusti di legno e unisce le cantine settecentesche della villa a quelle più moderne. 

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Quali sono 5 vini migliori del Castello di Monsanto?

 

  • Chianti Classico Gran Selezione Vigna il Poggio: 95% Sangiovese; 5% Canaiolo e Colorino. Il vino che racconta la storia del Castello di Monsanto. Nasce nel 1962 su intuizione di Fabrizio Bianchi che ne intravede le grandi potenzialità (anche di invecchiamento). La vigna il Poggio è la “madre” di tutte le altre vigne, poiché da lì arrivano le selezioni massali dei cloni di Sangiovese per impiantare il resto dell’azienda.
     
  • Chianti Classico Riserva: 90% Sangiovese, 10% Canaiolo e Colorino. Ogni singola particella a Monsanto viene vinificata separatamente e solo in un secondo momento viene deciso quale vigneto utilizzare per l’annata e quale per la Riserva. Affinamento in legno di rovere per circa 18 mesi e in bottiglia per almeno 6 mesi prima di uscire sul mercato. 
     
  • Chianti Classico: 90% Sangiovese, 10% Canaiolo e Colorino. Si produce dal 1990. Prima di quell’anno si produceva solo Riserva, un po' perché i vigneti in quella zona elargiscono vini che abbiamo di un certo affinamento prima di essere commercializzati. Affinamento in legno di rovere per circa 15 mesi e in bottiglia per almeno 3 mesi. 
     
  • Fabrizio Bianchi Sangioveto Grosso Toscana IGT: 100% Sangiovese. Nasce nella vigna Scanni, impiantata nel 1968 con sole uve Sangiovese. Un grande omaggio a questo importante vitigno, un ottimo SuperTuscan
     
  • Fabrizio Bianchi Chardonnay IGT Toscana: 100% Chardonnay. L’unico vino bianco prodotto a Monsanto e sempre dal 1990. È considerato il vino della “sfida”, ovvero capace di competere con tutti gli altri grandi rossi. Vinificato un terzo in tonneaux e due terzi in acciaio, dimostra a tutti gli effetti di meritarsi l’eccellenza di SuperTuscan bianco.
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Perché devi conoscere il Castello di Monsanto?

L’approccio di Castello Monsanto funge da modello: un approccio vitivinicolo molto naturale, che non forza il corpo dei vini ma ne traduce con estrema semplicità il tratto che la vendemmia ha impresso. 


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