Cos’è Mindful Eating?

Impara come praticare il Mindful Eating e le tecniche per vivere senza stress. Come il Mindful Eating rende il tuo stile di vita alimentare sano più produttivo dal punto di vista psicologico.

Di Francesca Ciancio
Feb 26, 2021
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Tra i terrori generati dalla pandemia e dal lockdown che stiamo vivendo c'è quello del grasso. Sì, intendo proprio il prendere peso, l'ingrassare, l'aumentare di taglia.

Con palestre e centri sportivi chiusi in molti si sono riversati per strada e hanno iniziato sfide personali, cercando di superare record memorizzati dalle app dedicate alla corsa o alla camminata veloce.

Il "nemico" diventa il cibo, qualcosa che al contempo ci fa compagnia e ci demoralizza, qualcosa che ci conforta e che ci fa sentire arrendevoli. In questo anno pandemico molti hanno scoperto cosa significhi mangiare tre volte al giorno, fare la spesa, cucinare ciò che si è acquistato.

Tutte azioni in verità positive perché pro-attive: ciò che è alla base di una scelta è sempre un segno di libertà. Ma allora perché tutti questi sensi di colpa legati verso ciò che ci nutre? Perché, in un momento tanto delicato, abbiamo trasformato il cibo in un nemico invece che in un alleato?

Sono domande che abbiamo rivolto a Giovanna Fungi, psicologa e psicoterapeuta, praticante Mindfulness e MB-EAT trainer.

 

- GIOVANNA, INIZIAMO DALLA SPIEGAZIONE DEL CONCETTO DI MINDFUL EATING, DI CHE SI TRATTA?

     Mindful eating riguarda l'attitudine a mangiare con consapevolezza, portando nel comportamento alimentare i principi della mindfulness. In questo caso non si tratta di lavorare sul piano terapeutico, ma senz'altro di migliorare il vissuto relativo al cibo, attraverso piccole pratiche in cui uno dei focus è quello di portare piena attenzione agli aspetti sensoriali, immergendoci nel ‘gustare’.

La Mindful eating ci ricorda tra le altre cose che una persona che mangia o beve voracemente non può definirsi golosa, poiché è raramente presente all'esperienza dell'assaporare.

Facciamo però un passo indietro, diamo anche una definizione di mindfulness e prendo in prestito quella di Kabat-Zinn, ideatore del percorso Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR): «la mindfulness è il processo di prestare attenzione in modo particolare: intenzionalmente, in maniera non giudicante, allo scorrere dell’esperienza nel presente, momento dopo momento».

Un certo scetticismo nei confronti di queste pratiche nasce dal fatto che si pensa a tecniche di rilassamento o contesti mistici o religiosi. La mindfulness è una pratica in questo contesto laica che parte da, e sviluppa, un’intenzione di accogliere ciò che emerge sul piano della consapevolezza, momento per momento, attraverso un processo attivo di ‘fare spazio’ ad emozioni, pensieri, sensazioni sia piacevoli che spiacevoli, scoprendo i benefici che emergono dal non opporre resistenza a ciò che si sta sperimentando, in questo caso in relazione al cibo”.

 

- FAR SPAZIO E ACCOGLIERE IL CIBO IN MODO SANO E' FATICOSO?

     La relazione faticosa con l’alimentazione è tema contemporaneo e coinvolge sia uomini che donne. Non parliamo solo di disturbi del comportamento alimentare come anoressia o bulimia, o di fenomeni come il binge eating, ma anche di fame emotiva, di persone che mangiano di notte, di angoscia che accompagna tutto quello che viene mangiato, o anche ciò di cui ci priviamo per diverse ragioni. Tutti comportamenti che aumentano lo stress correlato all’alimentazione.

 

 

- A PROPOSITO DI STRESS, L'EMERGENZA SANITARIA CHE STIAMO VIVENDO HA CAMBIATO IL NOSTRO STILE DI VITA E DI CONSEGUENZA ANCHE IL MODO IN CUI CI ALIMENTIAMO. QUALI SONO STATE LE ALTERAZIONI CHE HAI REGISTRATO COME PSICOLOGA E PSICOTERAPEUTA? 

     Nel primo lockdown in verità ci sono stati approcci creativi e positivi al cibo: l’avere del tempo per preparare cose per sé e i propri cari ha creato in alcuni casi un approccio gioioso, generoso ed esplorativo, caratteristiche che rientrano nelle corde della Mindful Eating. È anche vero che, in particolare l’assenza di struttura nel quotidiano, i ritmi stravolti, la maggiore e forzata sedentarietà nonché l’isolamento di molti hanno portato a criticità in aumento, come descritto dall'Istituto Superiore di Sanità.

Le cose sembrano essere peggiorate con il secondo lockdown, nel contesto della pandemic fatigue (OMS), quando alla mutevolezza sono subentrate l’incertezza costante, la stagnazione, un immobilismo mentale continua inesorabilmente a condizionare anche il corpo. Un atteggiamento critico verso se stessi può rappresentare un fattore di rischio in più nella gestione dello stress, incluso quello correlato all’iperalimentazione o alle problematiche con il cibo e con l’immagine corporea.

La corretta alimentazione è stata progressivamente penalizzata da un nuovo, inesplorato scenario di vuoto emotivo e dall’incertezza dal punto di vista della salute e dell’economia. Questo si innesta su un panorama socio-culturale già fortemente dominato dal fenomeno degli integratori che hanno riempito i banconi di farmacie e para-farmacie: quello per dormire, quello per ingrassare, quello per dimagrire, quello per l’umore e così via.

Ecco cosa fa la Mindful Eating: non è una terapia, ma favorisce una ‘guarigione’ nei comportamenti legati alle condotte alimentari ed alla relazione con cibo, lavorando inoltre sulla presa di coscienza dei condizionamenti a cui siamo soggetti e “allarga” le maglie delle regole rigide a cui ci atteniamo, quando producono esse stesse sofferenza”.

 

 

- È CORRETTO PARLARE DI UN PROTOCOLLO DA SEGUIRE?

Quando si parla di protocolli nella mindfulness lo si fa in relazione ai programmi creati a partire dal Mindfuness-Based Stress Reduction di Jon Kabat-Zinn, che prevede un numero di incontri definito, un programma di pratiche ed esercizi da seguire costruiti al fine di portare il maggior beneficio possibile nella più ampia popolazione.

In particolare, esiste un protocollo chiamato MB-EAT elaborato da Jan Kristeller insieme a Kabat Zinn nel 1999. Una pratica che aiuta ad ascoltare con attenzione i segnali del corpo allenando la capacità di discriminare tra pienezza e sazietàappetito e altri bisogni che possono portare al gesto di alimentarsi, fino a coinvolgerci nello scoprire diversi tipi di fame di cui possiamo fare esperienza; aiuta a riconoscere le influenze esterne che condizionano il nostro modo di mangiare, ad esempio la pubblicità, ciò che ci hanno insegnato i nostri genitori e che non ci aiuta, tutte le regole sul mangiare sano che ci possono sembrare troppo rigide; aiuta a ridurre la carica emotiva che viene posta sul fisico e sul ciboaiuta a ridurre la reattività di fronte al cibo favorendo il nostro mettere in atto delle scelte e il non seguire in modo acritico delle imposizioni (“devo mangiare lentamente” versus “assaporare rallentando”; “devo mangiare meno” versus “assaporare mi permette di non agire in modo compulsivo e perciò potrei mangiare meno”).

È bene chiarire che questo non è un percorso che ha la finalità del dimagrimento, ma punta a un  approccio più consapevole con il modo in cui mangiamo e con le emozioni/pensieri/giudizi legati all’atto del mangiare. Va considerato anche l'origine del cibo includendo uno sguardo al rispetto dell’ambiente e alla sostenibilità, lavorando anche sulla gratitudine. Un aspetto arricchente è lavorare assieme in piccoli gruppi”.

 

 

- GIOVANNA FACCIAMO QUALCHE ESEMPIO…

Il percorso prevede nove incontri in cui sono previste pratiche di mindfulness ed esercizi specifici con il cibo, alcuni dei quali hanno nomi come l'esercizio delle 5 patatine, l’ esercizio del pretzel, la pratica dell’uvetta (presente anche nel MBSR). Una finalità è quella di mangiare qualcosa, anche solo una patatina – in modo consapevoleessere presenti a sé nell’atto di mangiare, allenando l’attenzione a notare ciò che ci succede quando mangiamo sul piano dei pensieri, sensazioni, emozioni.

In alcuni incontri si lavora sul diventare consapevoli dei cosiddetti trigger (inneschi) dell’abbuffata, in altri sul non giudizio e sul perdono, un incontro è dedicato ad un’esplorazione consapevole dell’esperienza di fare la spesa, contesto in cui l’atteggiamento ansioso o più armonico verso il cibo è già molto evidente.

Il canale attraverso cui ciò è possibile sono le pratiche di mindfulness con le quali prestiamo attenzione a cosa accade dentro di noi quando vediamo il cibo con i nostri occhi, la sua forma, le dimensioni; quando sentiamo sotto le dita le qualità tattili di cosa stiamo per mangiare; quando sentiamo il rumore del cibo che scrocchia sotto i nostri denti; quando annusiamo il profumo di quello che ci prepariamo a gustare.

Bisogna imparare a mettere in bocca il cibo e non i problemi, sono quello ad essere indigesti. Come dice Thich Nhat Hanh: “Non mettere altro nella tua bocca, come i tuoi progetti, le tue preoccupazioni, le tue paure, metti solo la carota. E quando mastichi mastichi solo la carota, non i tuoi progetti o le tue idee. Sei capace di vivere nel momento presente, nel qui e nell'ora. È semplice, ma hai bisogno di un po 'di allenamento per goderti il ​​pezzo di carota".


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