Viaggio nel lessico gastronomico del FOODTELLING

Il foodtelling, sapreste dare una definizione? E’ giusto dar così tanta voce al palato? E per quanto ancora si riuscirà a evocare il gusto attraverso le parole?

Di Lele Gobbi
Dec 07, 2020
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IL SIGNIFICATO INTRINSECO ED ESTRINSECO DEL FOODTELLING

 

Chissà quali radici antiche possiede il racconto del cibo, ma senza ombra di dubbio l’universo mondiale continua a essere posseduto dal foodtelling.

Raccontare il cibo cerca infatti in tutti i modi di far riflettere e comprendere le innumerevoli esperienze gustative o, al limite, gioca la carta vincente di immolarsi a sublime narrazione attraverso qualsiasi tipo di osservazione.

Già, sostanza e circostanza assumono entrambe un valore significativo, quando solitamente vengono collegate l’una all’altra, poiché il linguaggio del cibo non può prescindere - a differenza dei linguaggi verbali - dalla concretezza dell’oggetto e dal valore semantico intrinseco, in qualche maniera predeterminata, del mezzo di comunicazione. Sebbene ci siano moltissime opinioni a riguardo, il cibo è e rimane cultura in tutto e per tutto: cosa che ha inventato e trasformato il mondo, in quanto rappresenta il frutto della nostra identità e, al tempo stesso, uno strumento fondamentale per esprimerla e comunicarla.
 

MA ALLORA, QUANTO E' IMPORTANTE IL LESSICO GASTRONOMICO PER IL FOODTELLING?

Quando sa essere originale e scrupolosa, la lessicografia gastronomica non rappresenta di certo una perdita di tempo in faccende inutili, ma può avvicinarsi di gran lunga al compiere un intervento nel vuoto per la difficoltà della sua ricerca. Eppure, quando vuole, riveste un fascino irresistibile, perché possiede grandi doti di esibizionismo e si rivela alquanto pervasiva. E come? Riconosce le varietà dei prodotti, elenca le tipologie di piatti e ha la presunzione di ottenere il gusto delle belle forme linguistiche al fine di contare, comparare e classificare i cibi. Non è, in effetti, così risaputo che il suo impegno comincia dalla raccolta di voci disperse in ricettari, guide, manuali, periodici, almanacchi, atlanti, siti web; persino da qualche illuminata enciclopedia e, tutt’al più, da sporadici dizionari.

La cucina parla tante belle lingue internazionali che, però, alcune volte rendono piuttosto difficoltose le carte dei ristoranti, come del resto può accadere nelle recensioni e nei ricettari.  Insomma, le parole necessitano di differenti forme di controllo e la loro raccolta non deve fermarsi a una soglia che crea miraggi o abbagli, se non viene varcata per toccare gli oggetti alimentari, saggiare i sapori, cogliere il profumo.
 

GOLA E PENSIERO: UNA QUESTIONE FILOSOFICA?

Bisogna ammettere che la gastronomia dall’inizio del nuovo millennio ha attecchito in maniera esponenziale su categorie di persone impensabili solo fino a pochi anni prima, sdoganando innanzitutto il piacere alimentare e riuscendo quindi a cogliere le varie sfumature della sensorialità. Affrontare il tema del gusto in maniera consapevole della sua identità non richiede infatti faticosi impegni, poichè significa sostanzialmente gradire con maggiore attenzione le abitudini o, al limite, aumentare il valore delle cose più semplici, come ad esempio assaggiare un piatto tipico, sorseggiare una tazza di té, oppure ancora mordere una mela.
 

MANGIA COME PARLI O COME DE-SCRIVI

Ancora per molto tempo si evocheranno i sapori e si stimoleranno le papille attraverso i nomi, perché non esiste altro modo per rendere tridimensionale l’esperienza del piatto e del bicchiere. Una creazione, infatti, si replica, persiste nel tempo, fino a radicarsi in quella comunità o in quella enclave geografica, irradiandosi spesso e volentieri un po’ più in là nel contaminare i territori di confine. Con tutta evidenza, è figlia della conoscenza delle terre e degli animali, delle erbe e del latte, delle farine e del caglio, dell’acqua e del sale, ma soprattutto dell’ingegno applicato e della fantasia investita nel piacere dei cinque sensi.

Quindi varrà ancora e molto la pena seguire le parole nella loro evoluzione di significato
perché se sono cambiati i costumi alimentari è cambiato anche il linguaggio che al cibo si riferisce, fermo restando che il punto di vista nel rappresentare compiutamente l’immagine figurativa - magari con un’innovativa sequenza cinematografica - ci farà, sempre e comunque, sognare.
 

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