DOVE NASCE IL REGALO NATALIZIO
Come tutte le tradizioni globali anche quella del dono natalizio ha un'origine. Nasce durante l'età romana, all'epoca dell'Impero, con i Saturnali, le festività in onore di Saturno, dio dell'agricoltura. Erano rami di alloro, vischio o statuette votive e, ovviamente, non venivano incartati!
Avevano un significato propiziatorio di abbondanza e lo scambio avveniva il primo gennaio. C'era anche una dea a cui rivolgersi, Strenia, da cui la parola "strenna". I Romani inoltre permettevano agli schiavi di partecipare ai banchetti e tutti si scambiavano regali come segno di benevolenza.
Con l’avvento del cristianesimo la tradizione dei regali è stata associata all’oro, argento e mirra portati dai Re Magi a Gesù. Ecco perché si è cominciato a fare regali ai più piccoli, per coinvolgerli nell'importanza di questa nascita. La Chiesa antica, infatti, non celebrava il Natale in quanto, prima della nascita di Cristo, il giorno di festa non esisteva come giorno sacro.
L'impronta più "laica" subentra con la scoperta del Nuovo Mondo: la conoscenza dell'America porta con sé la storia di San Nicola, meglio conosciuto come Babbo Natale o Santa Claus, un personaggio buono e panciuto, vestito di rosso con lunga barba bianca, che porta regali ai bambini che si sono comportati bene. Anche qui però va fatta una precisazione, ovvero il primo Santa Claus realmente esistito è del III secolo dopo Cristo. A quel tempo Nicola, vescovo di Myra, provincia dell’impero bizantino, era solito fare regali a sorpresa ai poveri, nascondendoli nelle scarpe che loro gli lasciavano davanti alla porta. Le iconografie ce lo presentano come un signore barbuto e vestito con un lungo mantello verde e diverrà poi familiare anche grazie alla rappresentazione letteraria che ne fa Charles Dickens nel "Canto di Natale".
GENEALOGIA DI UN GESTO, QUELLO DI DONARE
In un bel libro scritto da Martyne Perrot, “Il regalo di Natale. Storia di un’invenzione”, è interessante notare come fino al XIX secolo la parola “strenna” avesse la meglio su quella di “regalo”. Secondo la ricercatrice ciò dipendeva dal fatto che le strenne avevano «una particolarità poco comune nel mondo degli oggetti: cadono dal cielo! E quest’origine soprannaturale è importante. Rinvia a un mondo leggendario, quello nel quale, durante il pericoloso periodo del solstizio d’inverno, i bambini erano simbolicamente minacciati, come attestano il folclore e le credenze popolari. Accovacciato nella grande notte occidentale, a volte il pericolo era incarnato dagli stessi donatori, la cui lunga schiera nasce nella mitologia europea e nella storia di alcuni santi cristiani». Con lo sviluppo della borghesia e dei grandi raduni familiari natalizi, il regalo diventa il dono da fare all’interno del nucleo ristretto, la strenna è il ringraziamento da offrire invece alla servitù. Alla fine dell’800 arriva anche l’abitudine di impacchettare i regali e di conseguenza l’opportunità dello svelamento.
I REGALI DI NATALE GASTRONOMICI SEMPRE TRA I PREFERITI
Con la chiusura di ristoranti e trattorie per tutto il periodo delle festività la tendenza 2020 è quella di indirizzarsi verso regali utili con una decisa preferenza verso il cibo. Un dato rilevato da Coldiretti evidenzia come oltre un italiano su tre (34%) ha scelto quest'anno di regalare per le festività confezioni di prodotti alimentari tipici per imbandire le tavole di Natale e Capodanno. Gli italiani blindati in casa nei giorni clou delle festività - continua l’organizzazione degli imprenditori agricoli - trovano consolazione nella tavola e il maggior tempo disponibile si traduce, soprattutto, nella tendenza a cucinare di più.
Anche qui la tradizione affonda le origini in tempi lontani: dai romani che usavano scambiarsi cesti di frutta secca, al culto di San Nicola che ha sempre portato con sé noci, nocciole, mele e figure in pan di spezie. Un’usanza diffusasi di nuovo dopo le due guerre mondiali: la povertà e la scarsità di cibo fecero sì che a Natale si usasse regalare prodotti lavorati nelle fattorie, formaggi, grano, pane, legumi, salami. Il tutto presentato in una cesta. Non erano destinate a familiari o conoscenti, ma alle personalità di spicco del paese, quali il dottore di famiglia, il sindaco, o parroco.
Tornando a questo nefasto 2020 tra i prodotti più presenti nei cesti ci sono - specifica la Coldiretti - lo spumante, il torrone, il pandoro o il panettone spesso artigianali, ma sono tornati prepotentemente il cotechino, lo zampone, le lenticchie e in generale tutti i prodotti tipici locali, cosiddetti a chilometro zero, dai salumi ai formaggi, dall'extravergine al vino, dal miele alle conserve, meglio se preparati direttamente nelle aziende agricole. L’82% degli italiani – conclude l’organizzazione - sceglie prodotti Made in Italy anche per aiutare l'economia nazionale e garantire maggiori opportunità di lavoro a sostegno della ripresa.