Brunello OFF 2021 e l'annata 2016, impressioni a 4 mani
Filippo Bartolotta e Francesca Ciancio si sono ritrovati gomito a gomito lo scorso 20 marzo ad assaggiare - presso la sede del Consorzio - la nuova annata di Brunello di Montalcino Docg, la già dichiarata mitica 2016. Tra calici e commenti è venuto fuori questo pezzo a quattro mani, dove i nostri due giornalisti e degustatori si confrontano sul presente e sul futuro di una delle denominazioni più famose al mondo. Sei domande e risposte ciascuno, per una sorta di "singolar tenzone" enologica a base di Sangiovese.
Francesca: Impressioni a caldo di una degustazione in presenza ai tempi del Covid.
Filippo: Felicità e nostalgia assieme. Grati per aver la possibilità di assaggiare come una volta in un ambiente perfetto per la degustazione e nostalgia per le grandi cene e i confronti a caldo con produttori e colleghi. Direi anche il parcheggio alla Fortezza vuoto alle 09:45, un miraggio anni fa. Un sabato sferzato da un vento di Grecale che mi ha costretto ad imbacuccarmi con attenzione. Un freddo inaspettato nel giorno che precede l’inizio della primavera. Una strana coincidenza da cabala mi sorprende: 21 marzo 2021 è il mio 21 esimo anno di assaggi al Benvenuto Brunello. Mi assale un momento di nostalgia ed emozione, sembrava che quest’anno sarebbe saltato e invece eccoci qui pronto a confrontarmi ancora una volta con questi grandi vini.
Filippo: Quali sono le impressioni della 48 ore di Benvenuto Brunello 2021?
Francesca: In effetti hai ragione, c’è qualcosa di cabalistico, anche nel fatto che questo è stato, nel 2020, l’ultimo evento collettivo a cui abbiamo partecipato. Proprio a Montalcino, l’anno scorso - e chi avrebbe immaginato quante volte avremmo dovuto poi farlo - abbiamo firmato la nostra prima autocertificazione! Il Consorzio ha avuto coraggio e si è assunto una bella responsabilità, conscio che in molti avrebbero risposto alla chiamata. Cosa che tra l’altro è puntualmente avvenuta.
Quanto a me sono sempre ore di “coccole” che mi concedo: per la passione che ho per questo vino, per le torte di nocciole e carote di Anna dell’Hotel Il Giglio, per il tavolo 5 accanto alla finestra che spazia su tutta la Val D’Orcia sempre nel ristorante dell’omonimo albergo, per le foto perfette per Instagram che il territorio ti concede, per gli incontri soliti o nuovi che questo borgo offre tutte le volte. Il vento gelido di cui parli ha fatto vedere la neve sull’Amiata e cieli di un azzurro che non ti scordi. Per non parlare delle stellate la sera.
Francesca: Annata 2016: riusciremo a dire qualcosa che non hanno già detto tutti gli altri?! Scherzi a parte, la domanda seria è la seguente: quanto conta ancora intuire e capire la longevità di un'annata per celebrarne la grandezza?
Filippo: I produttori oggi riescono a imbottigliare vini che sono fin da subito godibili, pieni di espressività. I grandi però sono quelli in cui ritroveremo freschezza anche fra due/tre decadi.
Filippo: E per te sono vini in cui prevale la prontezza o il potenziale d’invecchiamento?
Francesca: Per me sempre più è una “falsa” questione. Mi spiego: secondo me non è più tempo di immaginare un vino che debba durare per una presunta eternità. La regola è quella di fare il vino migliore possibile. Se è tale è probabile che duri anche tanto.
Ovvio che ci sono annate più “corte” e altre più “lunghe” e questo vuol dire – per fortuna – che c’è ancora un imprinting della natura importante. Stiamo scoprendo sempre più vini “multi-temporali”, ovvero etichette buone da bere adesso ma anche da tenere da parte per un giorno lontano. Come è possibile questo? A mio avviso grazie a una sapienza agronomica sempre più conscia dell’importanza della piena maturazione delle uve.
Francesca: La 2016 che partita gioca sul terreno del presente e del futuro?
Filippo: Questa è sicuramente un’annata tra le più grandi, di quelle che sanno unire godibilità e longevità, ma se dovessi scegliere fra la due, vado per la longevità.
Filippo: E il tuo quadro generale dell'annata qual è?
Francesca: Indubbiamente positivo e sai da cosa me ne accorgo? Da un parametro che non sbaglia mai, il divertimento. Assaggiare di fila 50, 100, 150 Brunello non è facile e il rischio monotonia è dietro l’angolo, ma quando c’è l’annata giusta ti diverti e ti pesa meno la serialità del gesto.
Sulla 2016 dico molto buona, ma non spettacolare. Persistono ancora molto nasi alcolici e finali di bocca amaricanti. Quello che decisamente va a diminuire è la densità di beva: sono sempre meno i liquidi impenetrabili e scuri e sempre più le trasparenze nel bicchiere, rossi brillanti attraverso i quali lo sguardo passa. Questo, per coerenza, al naso e in bocca si traduce in finezza ed eleganza, in legni non preminenti, in sentori e sapori di fiori e frutti presenti ma non esplosivi. Un’annata direi armonica dove un po’ tutto quello che deve esserci è ben bilanciato.
Francesca: Cosa ti piace del Brunello di Montalcino? E lo chiedo al degustatore toscano che conosce il Sangiovese a menadito.
Filippo: Di questa terra adoro la capacità dei grandi Brunello di essere al contempo generosi e austeri. Vini che risultano comprensibili a tutti ma che regalano tante gioie agli esperti più esigenti.
Filippo: Riguardando le tue note di degustazione ci sono state delle zone che sono emerse meglio delle altre?
Francesca: A una tua domanda precedente ho risposto che sono rimasta un po’ spiazzata dalla presenza di vini ancora molto alcolici e possenti. Quindi sono andata a cercarmi le loro zone di appartenenza, ma queste non coincidono sempre con le più calde.
A mio avviso vuol dire che in un’annata come la 2016 – dal tempo quasi perfetto che però non vuol dire facilità di gestione in vigna – molto fa il cosiddetto “manico del vignaiolo” che ha lavorato su un’annata classica, quella da primavere secche e piovose, quelle annate che ti costringono a essere sempre desto. Prendi le piogge a settembre che ci sono state, indubbiamente fastidiose, ma poi è arrivata una buona ventilazione e forti sbalzi termici tra notte e giorno che hanno rimesso in linea la salubrità delle uve.
Francesca: Che differenze possiamo evidenziare tra Brunello ’16, Selezione ’16 e Riserva 2015?
Filippo: Parto dal fondo. Brunello Riserva 2015 sono solari, dolcissimi e pieni di frutto maturo. Vini da invecchiamento ma più affabili del previsto già da ora. Del ’16 abbiamo detto annata classica giocata sulla brillantezza e le trasparenze del colore e quindi anche sulla scattosità, sul cambio di passo.
Con le Selezioni si gioca una partita nuova a Montalcino poiché da quest’anno si comincia a vedere non solo numeri più interessanti per poter avere una massa critica sufficiente a ragionare di caratteristiche di zona ma anche perché sono uscite proprio buone!
Filippo: E del Rosso di Montalcino cosa mi dici?
Francesca: Confesso che è una mia scoperta tardiva. Non facendo mai a tempo a concludere le batterie di assaggio, finivo sempre per tenerlo da parte. Ho ovviato bevendolo fuori dal contesto dell’Anteprima. Ho scoperto un vino che ha una vita propria, un racconto tutto suo.
Chiamarlo “second vin” è davvero riduttivo. Quello che mi piace del Rosso di Montalcino è la sua succosità, la matrice più vivace e direi quasi “spiritosa” del Sangiovese, un vino che ti ricorda che siamo nel sud della Toscana – anche se con altimetrie che variano molto – che il Mediterraneo non è poi tanto lontano. Per fare un esempio, se nel fratello maggiore trovi le spezie, nel Rosso è più facile sentire le erbe aromatiche.
Francesca: Ti copio la domanda... il Rosso di Montalcino, un gregario per sempre o può tirare la volata da solo e vincere anche un tour?
Filippo: Da sempre innamorato del Rosso che ritengo uno dei “migliori acquisti” nel panorama italiano. Un consiglio: provate a comprare una cassa da 6 o 12, bevetene la metà subito e scordatevi il resto in cantina per una decina d’anni e poi ne riparliamo!
Filippo: Chiudiamo a tavola: dal punto di vista dell’abbinamento gastronomico come trovi questa annata?
Francesca: Come tu sai nel 1961 esce “Vini d’Italia” di Luigi Veronelli, il libro che vede esordire il grande critico enogastronomico come autore. Ebbene, parlando di Brunello lo scrittore bergamasco lo indica come miglior vino d’Italia per le carni rosse. In scritti ben più antichi si parla di bevanda per l’arrosto.
Insomma, la tradizione ilcinese e della Val D’Orcia non richiama certo piatti di pesce. Mi va di suggerire abbinamenti che collimino dunque sulla franchezza e sulla veridicità degli ingredienti. Quindi una 2016 elegante, non forzuta, schietta ce la vedo con l’immancabile chianina su una brace senza intingoli, con i pecorini della zona, con zuppe di farro – Montalcino è il primo produttore in Italia – e legumi e poi con il tartufo di queste zone, un po’ per fare il verso – del tutto bonario - ai cugini del Barolo e del Barbaresco!
Visitate la pagina del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino per sapere di più sui loro sforzi nel diffondere i vini Brunello nel mondo. Amate i vini Brunello? Scoprite i segmenti video di Mamablip per visualizzare le serie di degustazioni guidate da Filippo Bartolotta su una scelta distinta di cantine nel Montalcino. Vuoi imparare ancora di più su Montalcino? Non perderti la serie video Miracle of Montalcino guidati da Filippo che ci fa vedere da vicino una delle zone vinicole più rinomate della Toscana.
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